È un tema dibattuto ormai da lustri, ma è sempre interessante ascoltare nuovi pareri in merito. Soprattutto quando questi pareri arrivano da personalità quale quella di Salvatore Giordano, grande appassionato di fumetti, creatore e curatore del blog Retronika e autore del bellissimo volume Da Braccio di Ferro a Provolino.

AdamWild-12_coverEbbene, secondo Giordano, in questo suo articolo – che precisa essere stato scritto “di panza” –, il fumetto non è semplicemente in crisi, ma è proprio del tutto morto! «Quando leggo che Sorrisi e Canzoni vende più di 1.300.000 copie alla settimana e leggo i “numeri” del fumetto la cosa mi pare talmente evidente che la rabbia e lo sgomento che vedo in giro per la chiusura di un Saguaro e di Adam Wild, l’estinzione del reparto “ita” di Star Comics, i flop DC di RW ecc… mi fanno sorridere. Il fumetto è diventato noioso, costoso e anacronistico» scrive. «Poi, diciamocela chiara, il fumetto non può competere con un Blockbuster, una serie o un videogame. Una volta c’erano dei limiti “tecnici” ed i disegni vincevano sempre, adesso che l’unico limite è la fantasia e la CGI surclassa la matita, il media di carta ne esce sconfitto (…). Sta morendo anche il collezionismo e la curiosità, su Ebay i pezzi invenduti a prezzi che anni fa sembravano “occasioni imperdibili” sono a migliaia. Le uniche cose che vanno di moda sono le tavole originali ma anche quel mercato imploderà a breve (non fosse altro che per l’aumento degli autori che usano il digitale rispetto al tradizionale, mi permetto di aggiungere Ndr)».

Giordano “se la prende” poi anche con la politica dei prezzi degli albi: «3,50 € di media per albo sono uno sproposito, in qualunque libreria di remainders per lo stesso prezzo prendi uno Stephen King che ti dura una settimana. Con il prezzo di 3 albi compri un videogame usato o l’abbonamento mensile a Netflix. Il rapporto tempo/denaro è sproporzionato. Io un fumetto lo leggo in media in 20 minuti. Le graphic novel sono un’invenzione ridicola, il fatto che Zerocalcare sia lento nel produrre non giustifica il fatto che per leggere una sua storia debba sborsare 18 €, e delle copertine di marmo non so che farmene. Gli e-comics sono più comodi, ne tengo a decine nel tablet, mi è più semplice collezionare o ricercare un albo, ma anche lì i prezzi ufficiali sono, oserei dire “divertenti”. Amazon… ma veramente mi vuoi vendere una mangiata di byte a 10 €?».

Sono d’accordo con l’amico Salvatore su molte cose, la sua analisi dei motivi che hanno fatto scendere drasticamente il numero dei lettori di fumetti è certamente condivisibile. Quello su cui invece personalmente dissento è la conclusione cui arriva: a mio parere, il Fumetto (uso volutamente la maiuscola, come politica di Sbam! per evidenziare il genere) non è morto, ma si è semplicemente evoluto. In meglio o in peggio è un altro discorso, ma certamente è un media che sta cambiando.
Una volta, qualsiasi bambino leggeva fumetti. Per forza: non aveva alternative. tv-dei-ragazziNoi bambini degli anni Settanta uscivamo da scuola alle 12.30 e – a compiti conclusi – avevamo parecchie ore libere davanti. Ogni pomeriggio, attendevamo come la manna la mitica TV dei ragazzi, che però cominciava solo alle 17 e durava un’oretta. Il resto del tempo si divideva dunque tra il pallone (o gioco equipollente per le bambine) e, appunto, la lettura dei fumetti, che infatti aumentava esponenzialmente nei mesi invernali, limitata solo e unicamente dall’esaurirsi della paghetta settimanale e/o della munificenza (o della possibilità) genitoriale. Non a caso, erano gli anni del boom della Bianconi, della Alpe, dell’Editoriale Corno

Un bambino di oggi è travolto da molte altre possibilità, la sua “fame di storie” è soddisfatta da decine di canali tv che trasmettono tutto, sempre e comunque, da internet, da device di ogni tipo e chi più ne ha più ne metta. Perché dovrebbero leggere un fumetto? Ecco perché, alla fin fine, oggi il fumetto tradizionale (e sottolineo tradizionale) lo leggono più o meno le stesse persone che lo leggevano negli anni Settanta, e cioè… ancora noi, che ormai abbiamo i capelli bianchi, ma ancora il gusto della Nona Arte. Lo stesso destino che hanno seguito, ad esempio, i trenini elettrici, una volta gioco ambitissimo da tutti i bambini, oggi oggetto di collezionismo per pochi fissati (pure loro coi capelli bianchi…).
topolino_3079_StarTopOvvio quindi che i numeri delle tirature siano più bassi di allora, ovvio che resti sempre Tex il più venduto, ovvio che perfino Topolino strizzi l’occhio al pubblico più agée, alternando alle storie evidentemente (e giustamente) per bambini, altre avventure molto più adulte, nei toni e nei disegni (cito i recenti Moby Dick e Star Top, per capirci). Senza dimenticare le operazioni-nostalgia, con le continue ristampe di grandi miti del passato (quelli che piacciono – ancora – a noi) o con la creazione di personaggi nuovi, ma dal sapore antico, come appunto Adam Wild.

Il resto del mondo delle Nuvolette, volendo cercare un altro pubblico, ha dovuto evolversi per forza di cose: ecco i graphic novel (o le graphic novel che dir si voglia, per qualcuno sono maschi, per altri femmine); ecco le soluzioni di marketing più o meno azzeccate – dalle copertine variant (che anch’io personalmente detesto, al pari di Giordano) alle mega-saghe a cavallo tra fumetto, cinema, letteratura… –; ecco la ricerca di autori innovativi che spaziano tra fumetto e web, come appunto Zerocalcare o anche Sio, nei portali-social per autori, sorta di talent adattato al Fumetto, per i quali vale certamente il famoso slogan giannimorandiano “uno su mille ce la fa”; ed ecco soprattutto l’attività di monitoraggio all’estero, per scovare produzioni da tradurre e ristampare (attività molto più economica del realizzare qualcosa da zero), “saccheggiando” fumetti americani o francofoni, oltre che i manga (anche se quello giapponese è un discorso diverso che genera fenomeni tutti particolari. Ma qui divagheremmo).

Il risultato di tutto questo è una gran massa di titoli a fronte di basse (o bassissime) tirature, dove il flop è dietro l’angolo, ma dove comunque il titolo fallato può essere rapidamente soppiantato da un altro “tentativo”. L’appassionato di fumetti di oggi non potrà più affezionarsi a un personaggio o a una serie: fenomeni tipo Diabolik o Tex sono ormai impossibili (l’ultimo dei Mohicani è stato Dylan Dog, che pure ha avuto bisogno di un rilancio, i cui esiti sono ancora in fase di studio), ma può comunque godere di una grande varietà di possibilità. E per un Adam Wild che chiude (e anche qui il discorso è relativo: rese di vendita fallimentari per Bonelli sono invece grasso che cola per miriadi di piccoli editori), possiamo sempre reperire in edicola un fenomeno alla The Walking Dead. Certo, coltivare la nostra passione è così più complicato, richiede un costante lavoro di monitoraggio dell’edicola o della fumetteria.

Meglio oggi o ieri? Meglio i fumetti “storici” o quelli attuali? Meglio un grande personaggio o tanti personaggi? Meglio aspettare il tal giorno del mese per cercare il nostro eroe preferito o spaziare di genere in genere? Impossibile dirlo: certamente sono casi diversi, separati da decenni di evoluzione.
In fondo, una volta il Fumetto era ritenuto un genere per bambini (ergo, limitato nel tempo della fruizione del singolo lettore), oggi è invece un genere di nicchia (quindi per pochi lettori, ma nei secoli fedeli). Fate voi.

Il dibattito è aperto, aspettiamo i vostri pareri (se volete, sul nostro gruppo Facebook o sulla nostra pagina), a cominciare – ovviamente – da quello che volesse aggiungere l’ottimo Salvatore Giordano.

(Antonio Marangi)

cumendaP.S. Aggiungo una postilla a proposito della politica dei prezzi che solleva sempre Giordano: dobbiamo purtroppo tener conto della crisi irreversibile che ha colpito le edicole, un tempo miniera d’oro, oggi attività in via d’estinzione, almeno nell’ottica della pura e semplice rivendita di giornali (segnalo in proposito la bella analisi di Vincenzo Marino su Vice.com, mentre la foto in apertura di questo post vi mostra il cartello esposto dall’edicola sita proprio davanti alla nostra redazione). È del tutto evidente che gli editori, ancor prima degli edicolanti, sono messi in grave difficoltà da questo stato di cose, e corrono ai ripari come possono. A cominciare dal prezzo di copertina, sul quale devono “mangiare” davvero tante persone, dagli autori del fumetto all’editore stesso, dai redattori ai grafici, dallo stampatore al distributore nazionale, a quello locale, all’edicolante. Il prezzo alto fa scappare i lettori? Certamente sì, ma ahimè, temo non ci siano molte alternative. Purtroppo all’orizzonte non si vedono figure come quella del Cumenda Rizzoli, che inventò le edizioni economiche per favorire la diffusione della cultura anche tra i ceti più popolari.
E se è indubbio che tanti fumetti si leggono davvero in pochi minuti, è altrettanto vero che il piacere della lettura di un fumetto non può essere misurato solo in base al tempo necessario ad arrivare all’ultima pagina. Un fumetto non “si legge”, ma si esamina, si osserva nel dettaglio del disegno, si cerca di interpretare quel che accade nel famigerato “spazio tra le vignette”… Certo, tutto questo è vero solo se stiamo leggendo un buon fumetto. Perché se invece dovessimo trovarci tra le mani una schifezza, allora qualunque cifra spesa sarà stata troppo alta.

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