Mort Walker, La guerra di Beetle Bailey, Oscar Mondadori 1979

Per anni, il soldatino creato da Mort Walker nel 1950, protagonista di centinaia strip umoristiche, è stato oggetto di dibattito per il suo presunto antimilitarismo, tanto presunto che secondo qualche critico le stesse strisce sono invece addirittura – all’opposto – militariste.
Probabilmente, allora, la definizione più giusta delle avventure di Beetle Bailey è quella ipotizzata da Beppi Zancan nell’introduzione a questo volumetto, il sesto che la collana Oscar dedicò al personaggio: «(…) esiste un certo tipo di striscia», scrive, «tipicamente made in Usa, che altro non è che una ben azzeccata barzelletta».

BeetleBailey-OscarE infatti, leggere Beetle Bailey è divertente. È divertente vederlo lambiccarsi il cervello per lavorare il meno possibile, evitando le sfuriate e le angherie del sergente Snorkel (per altro, a sua volta obbligato a scattare sull’attenti davanti a ufficialetti da salotto come il tenente Fuzz), è divertente nei suoi dialoghi con il soldato Zero, il babbeo della compagnia, è divertente nei suoi tentativi di avvicinamento alle esponenti del gentil sesso, invariabilmente bellissime e procacissime (siamo in una caserma, in fondo). E a proposito di divertimento: il campo di addestramento (Campo Gaudio, un nome, un programma) è comandato dal personaggio forse più riuscito di tutta la saga, l’imbranatissimo generale Calzetta, molto più attento al golf, alla bottiglia e alle segretarie che non ai suoi doveri militari. Ecco perché la voluminosa moglie non lo perde di vista un istante…

A completare il cast, anche il sergente Flap, dai modi molto hippy, il cuoco Cookie, rozzo e prepotente, il soldato Platone, l’intellettuale della compagnia, e via gigioneggiando. Di tanto in tanto, in origine, compariva anche la sorella di Beetle, Lois, a sua volta protagonista di un’altra strip di Walker, Hi & Lois.

«Beetle Bailey è proprio una tipica striscia di questo tipo. Divertentissimo prodotto dell’industria dei comics, va presa per quello che è, senza farci sopra troppe analisi sociologiche o semantiche. La qual cosa, d’altronde, è proprio quello che i lettori han sempre fatto, con buona pace dei critici» conclude Zancan. Come non essere d’accordo.

(Antonio Marangi)

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