Anche se siamo appena a metà anno, è facile prevedere che Fin dove arriva il mattino è destinato a passare alla storia come uno dei fumetti-simbolo del 2015. E non potrebbe essere altrimenti, visto che si tratta dell’episodio conclusivo di una delle saghe più innovative e amate dell’immaginario disegnato italiano, quella di Ken Parker. Un epilogo, tra l’altro, atteso per ben 17 anni, da quel gennaio 1998 in cui Lungo Fucile era scomparso dalle edicole del Belpaese, lasciando disorientati (oltre che affranti) i suoi fan: uscirà mai dal carcere in cui si trova rinchiuso per aver ucciso un poliziotto durante uno sciopero operaio? E come? Una volta libero, rivedrà il figlio e gli amici più cari, a cominciare da Pat O’ Shane?

kenparker_50Domande che, in tutti questi anni, i suoi creatori Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo si sono sentiti rivolgere chissà quante volte, insieme alla pressante richiesta di regalare al loro eroe almeno un’ultima cavalcata. Che alla fine è arrivata, a coronamento della pregevole collana di ristampe pubblicata da Mondadori Comics: una storia insieme coerente e sorprendente, emozionante e dolorosa, venata di una profonda amarezza eppure (forse) aperta a una nuova speranza. Una storia che ha scatenato accesi dibattiti dentro e fuori dal web, ai quali non riteniamo opportuno in questa sede aggiungere alcunché.
Molto più interessante, dal nostro punto di vista, ascoltare in proposito la voce dei due autori.

La Sbam-redazione li aveva già incontrati proprio in occasione del lancio in edicola della ristampa mondadoriana. Ma intervistare Berardi & Milazzo (praticamente un nome unico) è sempre qualcosa di particolare…

Cominciamo… dalla fine. Ovvero da Fin dove arriva il mattino: era davvero quello l’unico finale “possibile” per la saga di Ken Parker? Nel corso degli ultimi 17 anni, vi è mai capitato di immaginarne uno diverso?
Giancarlo Berardi: Ho deciso il finale della storia mentre scrivevo l’ultima scena. Non avevo previsto un epilogo del genere. Non scrivo mai le trame delle mie storie, mi lascio trasportare dalla logica degli avvenimenti e dalle reazioni dei personaggi. E quello era l’unico finale coerente. Tragico, ma coerente. Come la vita, a cui mi sono sempre ispirato nella mia carriera di narratore.
kenparker-1-cepimIvo Milazzo: È possibile che nel corso degli anni si siano formulate varie ipotesi conclusive della saga, comunque legate alle chances editoriali che si sarebbero presentate. Oggi ritengo che questo finale sia stata la scelta migliore, in sintonia con le caratteristiche del personaggio e l’attualità dei suoi  autori.

Quali sono state, per quanto si possano raccontare in un’intervista, le emozioni che vi hanno accompagnato durante la realizzazione di questa storia?
GB: Felicità nel ritrovare un mio figlio disperso. Angoscia nel vederlo ormai anziano e acciaccato. Disperazione nel distaccarmi definitivamente da lui. Ken è sempre stato un riflesso della mia vita, di quello che ero e che volevo essere. Con lui se n’è andata una parte di me.
IM: All’inizio della trattativa con Mondadori, l’idea di tornare su Ken Parker mi aveva molto emozionato. Molto meno, devo riconoscere, durante la realizzazione della storia, che ha messo in evidenza come ogni cammino abbia un suo tempo e quanto le scelte fatte nell’ultimo decennio avessero cambiato le mie prospettive professionali e di vita.

Potete leggere la nostra intervista nella sua versione completa su Sbam! Comics nr. 21, la nostra rivista digitale scaricabile gratuitamente da qui, tra le cui pagine troverete anche molto altro sull’opera di Berardi & Milazzo.

(Marco De Rosa)