Le conseguenze della tragedia di Parigi sono molteplici, gli eventi si susseguono uno dopo l’altro. Ma lasciamo agli organi di informazione più adeguati la cronaca dei fatti: noi di Sbam! vogliamo ricordare chi erano i vignettisti rimasti uccisi nella strage del Charlie Hebdo.

Wolinski_glenatIl più noto in Italia era certamente Georges Wolinski. Nato a Tunisi nel 1934, da padre polacco e madre italiana, cominciò a disegnare già nel 1960: i suoi esordi furono sulla rivista Hara Kiri, mensile che si autodefiniva “odioso, cattivo e di pessimo gusto”, di fatto l'”antenato” della stessa Charlie Hebdo. Wolinski si fece rapidamente un nome nell’umorismo, nella satira politica – tanto da diventare una sorta di bandiera per gli studenti del Maggio francese del 1968 – e per le sue vignette erotiche. La sua cattivissima matita ne ha realizzate a migliaia, con tratto essenziale (talvolta solo abbozzato) ma efficacissimo per “pungere” i molti aspetti della società francese, tanto da guadagnarsi spesso l’accusa di politicamente scorretto. Le sue vignette sono state pubblicate anche in Italia, su Linus, Il Male e Cuore, e talvolta raccolte in volume (quello in figura è del 1986, edito da Glénat Italia). Al di fuori dell’umorismo, ha scritto le avventure di Paulette, disegnata da Georges Pichard, una giovane ribelle che vive le sue storie tra gli hippy e la contestazione degli anni Settanta.

ultima_vignetta_CharbVignettista era anche il direttore di Charlie Hebdo, Stephan Charbonnier, in arte Charb. Molto più giovane di Wolinski (aveva 47 anni) non aveva nessuna paura di pubblicare tutto, incurante delle critiche che piovevano addosso al suo giornale, irriverente fino al blasfemo verso ogni religione: si è infatti attirato critiche anche dal mondo cattolico e accuse di antisemitismo, oltre che le minacce – molto più tangibili – dell’estremismo musulmano, che già nel 2006 aveva incendiato la sede della rivista. La sua frase «Non ho paura delle rappresaglie. Non ho figli, non ho una moglie, non ho un’auto, non ho debiti. Forse potrà suonare un po’ pomposo, ma preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio», pronunciata in un’intervista del 2012, è diventata il simbolo della tragedia di questi giorni. Insieme alla sua ultima, profetica, vignetta.

DuducheJean Cabut, in arte Cabu, 76 anni, era a Charlie Hebdo da sempre, già dai tempi di Hara-Kiri. Lavorò anche per la celeberrima Pilote, per la quale creò il personaggio di Duduche, con cui satireggiava sulla vita degli studenti degli anni Sessanta. Ben nota anche Mon Beauf (mio cognato), satira del francese medio, banale e abituato a ragionare per luoghi comuni. Nella vita di Cabu, è famoso l’episodio della polemica scoppiata direttamente con il presidente francese George Pompidou, irritato da alcune vignette che “colpivano” sua moglie.

tignousForse meno noti, ma ugualmente molto attivi tra le Nuvole Parlanti d’Oltralpe, erano anche Tignous e Honoré.

Tignous era il nome d’arte di Bernard Verlhac, 57 anni, firma storica anche della rivista di fumetti Fluide glacial e autore di vari libri, tra cui il recente 5 ans sous Sarkozy (2011).

Philippe Honoré aveva 73 anni e un passato tra Magazine littéraire, Le Monde, Libération, Les Inrockuptibles, oltre ovviamente a Charlie Hebdo. È sua l’ultima – ormai celeberrima – vignetta postata su Twitter dalla redazione poco prima dell’attentato: «Auguri anche da Al Baghdadi. “E soprattutto per la salute”».

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