sbam_silverL’occasione è la mostra che Wow Spazio Fumetto dedica a Milano ai 40 anni di Lupo Alberto. È lì che Guido Silvestri, in arte Silver, si presenta, mentre l’esposizione è ancora in allestimento, ed è lì che la vostra Sbam-redazione preferita approfitta per farsi raccontare proprio da lui qualche retroscena sul compleanno di quello che è indubbiamente uno dei personaggi più celebri dell’umorismo italico a fumetti. Ci sono domande obbligatorie con cui un’intervista come questa deve cominciare: come ti è venuta l’idea del Lupo? Ti aspettavi un tale successo? Perché il Lupo è azzurro? Si chiama come Alberto Lupo? Visto però che queste domande a Silver le fanno tutti – ma proprio tutti –, noi gli abbiamo promesso di fargliene altre…
La versione integrale di questa intervista – insieme a molto altro materiale sul Lupo e agli interventi degli altri autori che hanno lavorato sul personaggio – potete leggerla su Sbam! Comics nr. 14, la rivista digitale scaricabile gratuitamente da QUI.

Alla sua nascita, Lupo Alberto ha cambiato il classico format della striscia all’americana, quella con le tre vignette e la battuta finale. Il Lupo invece “apre” di più la narrazione e crea una storia più ampia. Fu una cosa studiata o venne naturale?
Io non ho mai fatto niente in modo consapevole, giuro! Certo, avevo dei miei modelli: all’epoca, il riferimento principale era Pogo, di Walt Kelly, che pure non capivo del tutto, legato come era alla realtà socio-politica americana. Alla fine della striscia non c’era mai una battuta fulminante, quella che fa ridere, spesso anzi il finale restava sospeso e legava le strisce tra loro, creando così un modo di raccontare molto coinvolgente. Un sistema che mi piaceva molto. Intanto, nelle prime strisce usavo anche un espediente che poi ho perso, quello di piccoli personaggi che comparivano a margine delle vignette, per commentini fuori campo, come fossero quelli dei lettori. Un sistema che usava Altan in Trino, e anche questo mi piaceva molto. Da queste due “fonti” ho preso i primi spunti per organizzare il mio lavoro. Altri riferimenti mi venivano anche da Johnny Hart con il Mago Wiz, o da Schulz con i Peanuts.

Rispetto al mondo Disney o quello dei Looney Tunes, i personaggi della fattoria McKenzie sono animali a tutti gli effetti, non così antropomorfizzati.
Anche Lupo Alberto, Marta, il maiale, il papero sono antropomorfi: camminano eretti, parlano, eccetera. Ma ho cercato di mantenere una certa coerenza, quindi la gallina fa l’uovo, il maiale è un maiale e il lupo un predatore. Però qui non capiterà mai di vedere cose come il cane Pippo che tiene al guinzaglio il cane Pluto, Orazio che va a cavallo o Paperino che mangia una coscia di pollo. Ma questa è stata una scelta stilistica, non filosofica, tale da staccarmi dal mondo disneyano, forse un po’ troppo conformista. L’unico personaggio davvero umano è il fattore, McKenzie, che però non compare mai, un po’ come gli adulti nei Peanuts.

Il Lupo di oggi è più conosciuto per i fumetti o per il marketing?
Difficile dirlo. Posso dire che dal punto di vista del business è certamente il merchandising la parte più importante.

sbm-disegno-SilverAl di fuori di Lupo Alberto, ormai un personaggio-icona, come vede la situazione del fumetto umoristico in generale? Se – come pensiamo noi – non gode di buona salute, pensa sia a causa della mancanza delle vecchie riviste-contenitore o degli autori?
Io penso sia a causa della mancanza di mercato. Le riviste-contenitore mancano perché nessuno le compra, non perché nessuno le fa, e questo perché evidentemente non c’è interesse verso questo genere. E non intendo dire che non piaccia più il fumetto, è che siamo in un momento di passaggio della veicolazione. Le edicole non funzionano più come una volta e il pubblico da fumetteria è diverso da quello classico. E poi c’è la Rete, che favorisce l’autoproduzione, ma con cui è difficile monetizzare. Così però non si riesce più a fare di questo mestiere una professione, si sta perdendo il confine tra professionismo e dilettantismo, e il fumetto è sempre meno “prodotto”, inteso come risultato di una produzione da vendere. Lo stesso fenomeno riguarda musica e giornalismo, ed è un grosso problema, perchè senza professione si finirà col perdere anche il mestiere.

Non una crisi di genere, dunque, ma un discorso di mercato.
Il fumetto come genere è tutt’altro che in crisi: si usa in tanti campi, compresi pubblicità e giornalismo, pensiamo ai reportage a fumetti. Uno strumento ogni giorno più familiare per tutti. Ci sono sempre più scuole del fumetto: molte più oggi di quando il fumetto andava per la maggiore. Questo è strano, ma sta a significare che c’è sempre più interesse per il fumetto come genere, e sempre meno come mercato.
Se poi parliamo più in particolare del fumetto umoristico, c’è anche una questione di mode: una volta tutti facevano strisce, poi si sono diffusi altri generi, dai super-eroi ai bonelliani, ai manga, e forse oggi le strisce umoristiche sono meno diffuse. E non perché non c’è più voglia di “leggerezza”, perché la buona ironia è tutt’altro che leggera. Oggi è l’immagine a farla da padrone. Tra gli autori giovani, quelli che escono dalle scuole del fumetto che dicevamo, si trovano disegnatori molto bravi dal punto di vista tecnico, e anche Photoshop ha spinto molto nella valorizzazione dell’immagine. Però non c’è adeguata evoluzione dal punto di vista dei testi, e spesso a ottimi disegni non corrisponde uno stesso valore letterario.

lupo-alberto-40-anniA proposito di scuole del fumetto: Silver ha avuto a bottega molti autori giovani…
Non so più se si può parlare di bottega: ormai anche i miei collaboratori lavorano dai loro studi e inviano il lavoro per mail.

Noi abbiamo incontrato alcuni di loro per parlare del quarantesimo del Lupo (trovate il resoconto su Sbam! 14, Ndr) e tutti sono d’accordo nel sottolineare come Silver abbia dato loro spazio quando erano ancora giovani e inesperti.
Sì, ma devo dire che non ho insegnato molto a nessuno di loro: quando sono arrivati da me i vari Sommacal (grande autore di Cattivik, Ndr) o Cannucciari, erano già bravi di loro. Quello che ho potuto dargli è stata la possibilità di pubblicare, ecco, quello sì.

Un’ultima domanda, proprio da lettori appassionati: chi è davvero Beppe? Si conoscerà mai il vero Beppe?
Ma che bella idea! Non ci ho mai pensato… Dobbiamo fare uno speciale per rivelare il vero volto di Beppe!

(Antonio Marangi • 14/04/2014)