La Sbam-redazione ha incontrato le creatrici di Shiroi Karasu, fumetto shonen ai tutto italiano pubblicato da Teke Editori. Ci hanno parlato della loro esperienza e di come vedono il presente del manga in Italia: Hana si occupa dei disegni, Looze è sceneggiatrice e character design del progetto. Anticipiamo qui alcune delle risposte delle due autrici, la versione integrale di questa intervista è disponibile su Sbam! Comics nr. 5, liberamente scaricabile da qui.
Come è nata la vostra collaborazione?
Hana: Ci siamo conosciute su Internet un sacco di anni fa. Già avevo creato il personaggio di Seek e chiesi a Looze di scrivermi una storia breve con lui come protagonista. Lei mi propose di mettere Seek in Shiroi Karasu, storia già esistente.
Looze: Ci siamo conosciute per via di interessi musicali simili. Sull’armadio di casa sua, Hana aveva un Seek, di dimensione naturale, dipinto sulle ante. Le chiesi chi fosse, e lei mi raccontò di questo personaggio, che però non aveva un contesto. Io glielo diedi. Da allora abbiamo scritto e disegnato centinaia di storie, ma per assurdo, Shiroi Karasu è proprio la prima.
Che tipo di formazione avete avuto? Nel vostro lavoro vi ispirate a qualche maestro o autore in particolare?
Looze: Abbiamo entrambe appena finito l’università, abbiamo studiato moda allo IED di Roma. Hana ha studiato al liceo artistico e classico, mentre io ho studiato lingue. Ci sono molti mangaka che Hana ammira, ma come stile e genere sono veramente molto lontani dal mio, quindi porta avanti il suo stile personale senza influenze esterne.
Quanto incide la passione per la moda nelle vostre opere e in cosa si evidenzia?
Hana: La moda è un piccolo accorgimento per riuscire a rendere la storia più reale: se un personaggio si veste in un modo piuttosto che in un altro, acquista una nuova dimensione di realtà. È come se gli dessimo una personalità più profonda. È come se riuscissimo a renderlo più reale grazie alla rappresentazione dei suoi gusti personali: Karasu ama le cose belle e lussuose, e sicuramente i suoi abiti saranno realizzati da sarti italiani; Seek sembra uscito da una rivista di street fashion alternativa giapponese; a Gehenna piace vestire come se fosse una rockstar, perché è così che si sente ogni giorno (ride).
Looze: In tutti i nostri lavori la scelta del modo di vestire per un personaggio è fondamentale, come il suo modo di comunicare; in fondo, la moda è anche un modo di esprimersi, e sono dell’idea che nella vita di tutti i giorni si possa capire molto di una persona dal modo in cui si veste. Così accade anche nella stesura dei nostri personaggi. È una sfumatura leggera, sebbene significativa, del carattere. Ci sono storie in cui i protagonisti sono trasandati e non danno importanza all’aspetto esteriore, mentre altri che ci danno molto peso. Noi agiamo di conseguenza. Niente è lasciato al caso.
Quali progetti a breve o lungo termine avete in cantiere?
Hana: Shiroi Karasu durerà quattro volumi, Above the Skin è ancora work in progress, mentre in cantiere abbiamo l’uscita del web comic Last Train Home, che vedrà uscire una tavola a settimana sul nostro sito.
Come vedete il manga in Italia? Secondo voi è apprezzato da un vasto pubblico o è ancora troppo di nicchia?
Hana: In Italia, rispetto al Giappone, è visto come un fumetto letto unicamente da un pubblico adolescente, mentre nella sua patria di origine Shonen Jump è una delle riviste più vendute, che prevede un target di bambini ma anche di Salary men (impiegati, Ndr).
Looze: Che sia esattamente un prodotto di nicchia non direi, soprattutto ultimamente; i manga vengono letti molto più di prima, anzi, a volte il fatto che provenga dal Giappone fa pensare che sia un prodotto migliore di un altro proveniente da qualche altra parte del mondo (cosa di cui non sono assolutamente d’accordo, intendiamoci). Eppure, una cosa che ho notato è che la maggior parte della gente che acquista manga tende a escludere il fumetto italiano, americano o francese, per esempio. Credo che questo sia un vero peccato. Ovviamente, parlo di un pubblico adolescente, e comunque sto generalizzando molto.
In particolare i vostri manga sono shonen ai o yaoi, che quindi trattano temi come l’omosessualità maschile. Pensate che questo genere, tenuto conto delle massacranti censure subite da manga e anime in Italia per anni, possa avere o abbia già successo in Italia?
Looze: È stata una scelta casuale, nel nostro arsenale abbiamo moltissime storie che trattano di amori eterosessuali, o che non trattano affatto di amore. Non ci piace ancorarci a un genere solo. Shiroi Karasu è uno shonen ai, ma personalmente penso che la storia d’amore in questo fumetto non sia preponderante quanto potrebbe apparire a una prima occhiata. Per quanto si dica, il mercato per lo yaoi e lo shonen ai c’è, è un genere che funziona e di conseguenza si trascina dietro anche molti haters e persone contrarie… probabilmente come in tutte le cose.
In cosa si differenzia secondo voi un fan manga da un fumettomane classico?
Hana: Parlando con l’esperienza di commessa in una fumetteria molto frequentata alle spalle, posso dire che il fan manga è assolutista. Raramente ho visto clienti comprare anche fumetti occidentali, al massimo arrivano ad acquistare man-wa (fumetti coreani). Adesso comprare i comics va sicuramente più di moda, dopo il boom dei Vendicatori e di tutti gli eroi cinematografici usciti di recente, e penso che sia una buona occasione per allargare i propri gusti e le proprie conoscenze nel campo del fumetto. Il fan medio dei manga non è curioso, si fissa solo su quello che gli piace e va avanti così; penso che questo sia un problema e che faccia perdere dei lavori sicuramente degni di essere letti.
Secondo voi, quali difficoltà possono trovare maggiormente i giovani autori emergenti nel farsi conoscere?
Looze: Per noi è stato un problema essere state catalogate troppo come autrici yaoi. Siamo state chiuse in uno scompartimento stagno che è ancora di nicchia (seppur ampia, come dicevo poco fa), precludendoci altri lettori che sarebbero potuti essere interessati, ma che solitamente non leggono questo genere. Ma questo è solo il nostro caso. Una difficoltà che si può incontrare di frequente sono i lettori che leggono esclusivamente prodotti provenienti dal Giappone. Ci sono capitati più di una volta lettori che hanno apprezzato il nostro lavoro fino a quando hanno scoperto che non eravamo autrici giapponesi e hanno lasciato perdere. L’ho trovato un po’ senza senso né logica. Ovviamente questo problema si riscontra nel momento in cui il tuo stile e il tuo genere si avvicina a quello del manga, se si punta al genere francese o americano, beh, quella è tutta un’altra storia.
(Annalisa ‘Maya’ Bianchi • 20/11/2012)