Se in TV sentiamo parlare di “fuga di cervelli”, il pensiero corre immediatamente ad astrofisici, ingegneri o scienziati degni del miglior Reed Richards. Ma anche tra le Nuvole Parlanti abbiamo un bel daffare a tenere sul suolo italico alcuni dei nostri più importanti talenti: c’è chi parte per entrare definitivamente nei “piani alti” del fumetto (pensiamo, ad esempio, a Giuseppe Camuncoli) e chi, invece, cerca oltreoceano di spiccare il volo: uno di questi è Arturo Lauria, giovane disegnatore che già da qualche tempo fa parlare di sé, in Rete e non solo, per il suo stile tutto peculiare che ad una prima occhiata ricorda alcuni mostri sacri della Nona Arte. Il suo esordio oltreoceano è avvenuto con Colonus (storia disegnata da Arturo sui testi di Ken Pisani), prodotta da Dark Horse e da pochissimo sbarcata in Italia con il marchio di Edizioni Inkiostro. E, dopo Colonus, ecco l’Indagatore dell’Incubo più famoso del globo.
A questo punto, due chiacchiere con la Sbam-redazione erano d’obbligo: ne è derivata un’intervista molto simpatica e (ancor più importante) molto “vera”, che trovate su Sbam! Comics nr. 32, la nostra rivista digitale, scaricabile liberamente da QUI.
Mentre vi precipate a scaricarla, vi anticipiamo qui la risposta di Arturo alla domanda più importante: chi è veramente l’autore che tanti fruitori della Rete definiscono come il Mike Mignola italiano?
«Non lo so bene, ci provo. Ho 28 anni e sono nato in un piccolo paese di montagna di nome Latronico, in Basilicata. Finché non è arrivato Internet, eravamo 15 anni indietro rispetto al resto d’Italia. Aiutavamo i vecchietti a fare le cose, e poi loro ti davano mille lire o un euro in cambio, giocavamo nei vicoli, Mtv non prendeva, la verdura si comprava dalle nonne che portavano in paese i prodotti della campagna ambulando nei vicoli, l’olio pure, la salsa di pomodoro si faceva a casa, spesso pure la pasta e il pane, i fagioli si cuocevano nelle pignatte, le porte di casa aperte e il caffè assieme al vicinato. Nel frattempo cominciavo a bruciare il Gameboy, con R-Type, e la Play, con Dino Crisis e Quake 2. Adoro questo contrasto e capisco sempre più quanto sia fondante per il mio percorso artistico (e non solo). Dopotutto, “Dove cavolo vai se non sai da dove vieni?”
Mi sono sempre sentito diverso e incredulo rispetto alle cose che mi circondavano, finché al liceo non mi sono circondato di amici, vecchi e nuovi, che vedevano le cose come me, creando una calda culla dentro cui proteggermi, diventata poi una giostra rumorosissima su cui divertirmi e fare una marea di stupidaggini.
Il disegno per me è sempre esistito, ed è sempre stato il modo più spontaneo per esorcizzare le mie paure, rabbie e turbolenze (ma se fossi stato meno timido avrei fatto il rapper). Il Fumetto invece è arrivato anni dopo, a Perugia, dopo essermi iscritto ad un corso di Fumetto e Illustrazione. Scoprii che raccontare per immagini mi piaceva davvero tanto per merito degli insegnanti, Francesco Biagini e Manuel Bracchi, artisti giganti e persone infinite.
Nel paesino nessuno leggeva fumetti, e quel minimo di cultura nerd e bagaglio visivo che ho deriva appunto dai videogames. Per anni la mia più grande influenza artistica è stata mio cugino Christian, pittore e restauratore, che mi ha accompagnato nel viaggio insieme al mio amico Vincenzo, in arte Videl, tuttora uno dei miei migliori amici. Io e Vincenzo facevamo le mostre assieme, affittando piccoli spazi per esporre, dipingevamo sui muri senza saperlo fare e lui, vivendo vicino Napoli, quando veniva a trovarmi portava novità nella mia crescita interiore e artistica. Disegniamo insieme da quando avevamo 5 anni. Succede ancora, e succederà per sempre.
Insomma, credo di essere solo un disadattato spaventato dal mondo e affascinato dall’universo, ma ‘sta cosa nutre la mia “arte”, e finchè vedrò il mondo maligno e sarò incuriosito dalla vastità del cosmo avrò benzina per il mio motore creativo.
… Scherzo, sono solo un cazzone: è che va di moda fare il depresso visionario. Scherzo. No, serio, scherzo. Scherzo sempre».
Il resto su Sbam! Comics nr. 32.