Sì, lo so, starete già guardando il cielo e dicendo cheppalle, ancora con queste menate. Ma c’è un motivo se mi imbarco su questo tema, e ve lo svelerò se avrete la pazienza e la bontà di seguirmi per qualche riga.

valentina-crepaxCosa significa “fumetto d’autore” e in cosa differisce dal resto del mondo a Nuvolette, dal fumetto “popolare” o “seriale” o altro, rispetto al quale è considerato migliore? Risposta: boh!
In generale – a torto o a ragione – per fumetto d’autore si intende più o meno quello realizzato liberamente dal punto di vista del formato, della foliazione, del genere, della tecnica e di tutto il resto, da un artista già abbastanza quotato. Non può quindi essere fumetto d’autore quello realizzato per una serie – quindi giocoforza obbligato a una certa standardizzazione legata alle caratteristiche editoriali predefinite – o comunque, ovviamente, quello al di sotto di un certo standard qualitativo.

E subito la faccenda si complica. Definire lo standard qualitativo minimo per poter accedere all’empireo dell’autorialità è già di per sé cosa ardua, trattandosi di qualcosa di soggettivo. E poi, dove sta scritto che non sia una gran prova di arte quella di un autore che riesce a realizzare un fumetto splendido nonostante sia ingabbiato nelle regole predefinite di un seriale? Non è molto più facile, detto con un francesismo, fare come cavolo ti pare? Cosa ulteriormente semplificata quando ormai sei un grande nome e nessuno verrà a contestarti: è di quel certo autore, ergo è d’autore di default. Non puoi non definire tali le opere di Guido Crepax o Hugo Pratt, ad esempio.

voce-della-lunaPensiamo a quanto conti la psicologia o l’etichetta in questo discorso: se un tal fumetto è realizzato da un certo artista – quello che è già un “autore” per tutti – diventa quasi automaticamente un capolavoro, come capita anche per il cinema, per la musica o per qualsiasi arte “superiore” (mi limito alle virgolette, perché questo sarebbe un altro discorsone altrettanto annoso).
E così ti ritrovi al cinema a sciropparti quella specie di incudine di celluloide che è La voce della luna e sentirti obbligato a fartelo piacere. Anzi, a dire che è un capolavoro perché, perdindirindina!, è di Federico Fellini, mica di Rosalbo Forlimpopoli & figli! Però non ci hai capito una mazza, non riesci a capacitarti del fatto che un film con Paolo Villaggio (proprio lui, quello della Corazzata Potëmkin!) e Roberto Benigni non ti abbia fatto mai neppure sorridere, e hai dovuto fare come Vittorio Alfieri (o se preferite come Mr. Bean) per restare sveglio e non fare una figuraccia epica con la fanciulla che è lì con te, e di cui non hai la certezza (era buio) che non abbia magari dormito lei per prima. Ma non importa, è cinema d’autore.
Artigli-d'angelo-coverTornando al fumetto – faccio un esempio, sperando di non commettere lesa maestà – è indiscutibile che Milo Manara sia un grande maestro e il suo disegno catturi l’occhio (non divaghiamo sui motivi non strettamente tecnici), ma alcune delle sue storie sono davvero difficili da digerire: un esempio per tutti, il quarto episodio del Gioco.
Analogo discorso – sia per i testi che per i disegni – mi viene in mente per l’ostico Artigli d’angelo, di Moebius e Jodorowsky (chissà perché i nomi polacchi fanno pensare subito a qualcosa di pesante).
Dobbiamo infne calcolare che non tutte le ciambelle riescono col buco, quindi anche l’autore migliore di ogni epoca ogni tanto può blappare un servizio: proprio sicuri (orrore orrore, altra lesa maestà, ma anche qui parlo da fan convinto) che proprio tutto quello che ha fatto Andrea Pazienza sia meraviglioso? Amava sperimentare con qualsiasi tecnica – e anche qui sta la sua importanza – ma non è detto che ogni tecnica gli sia venuta così bene o abbia reso adeguatamente. O no?

XIII_01Di più, ci sono anche le etichettone globali su un genere o su una scuola: pensiamo al fumetto franco-belga che (accidenti alla grandeur!) è per definizione d’autore tout court, o quasi, e vorrai mica paragonarlo con un qualsivoglia Multiverso DC?! Poi ti imbatti in XIII, ne noti la ricchezza del dettaglio e la grandiosità della saga, ma accidenti, ti cala un po’ la palpebra…

Giunti ad un certo livello, tutto, perfino il titolo, concorre a rendere quel fumetto un fumetto d’autore: come potresti definire altrimenti un’opera che si chiama Corte Sconta detta Arcana? O La calata di Macsimiliano XXXVI? Vuoi mettere con L’attacco del Teschio Rosso di un qualsiasi Capitan America o un qualche anonimo Le avventure di Chicchessia?

Invece, ci sono casi di grandissimi autori che per tutta la vita – o quasi – hanno lavorato su fumetti seriali, ma grandissimi rimangono (gli autori, dico). Qui i nomi potrebbero essere decinaia e decinaia: pensiamo a tantissimi autori bonelliani, dallo stesso Gianluigi BonelliGalep, da Giovanni Ticci a Claudio Villa, da Claudio Nizzi a Gallieno Ferri, o maestri d’oltreoceano resi celebri dalla Marvel o dalla DC o al caso di un autore peculiare come Charles Monroe Schulz.
Forse cambiano certe storie di Tex se le confezioniamo in un volume cartonato di lusso? Il Tex di Paolo Eleuteri Serpieri è “meglio” di quello, ad esempio, di Mauro Boselli e Corrado Mastantuono? Che diciamo dei Peanuts, creati e “vissuti” come striscia giornaliera sui quotidiani ma divenuti un simbolo per intere generazioni? E certi manga, nati – come quasi tutti i manga – come prodotto di consumo usa e getta, ma che poi sono ricordati nei millenni?
ZorryKidA proposito: come valutiamo il fumetto umoristico? Se siamo tutti d’accordo nel definire Jacovitti un mito, allora Cocco Bill e Zorry Kid sono fumetti d’autore? E le Sturmtruppen di Bonvi?

Doveroso poi considerare anche le epoche e i gusti che cambiano, pensiamo ai film di Lino Banfi & C. Gli albetti tascabili della stessa epoca erano robaccia da caserma, gli autori non li firmavano neppure: ma oggi tutti esaltano Leone Frollo, e si organizzano mostre per Zora e Jacula. E perché Horacio Altuna o Roberto Baldazzini sono “erotici” e gli Edifumetto anni Settanta sono “porno”? Visto come non cambia il Necron di Magnus, passando dai tascabili ai volumi da libreria?.

Cagata-FantozziPer evitare di arrivare alla convinzione di Fantozzi davanti alla citata Corazzata, la conclusione risulta quindi essere ovvia: esistono il fumetto bello e il fumetto brutto, quello meraviglioso e quello terrificante. A prescindere da chi e da come.
Esiste il volume che puoi infiocchettare ed etichettare al meglio ma che sarà sempre una martellata sulle zone erogene, ed esiste il fumetto pubblicato a puntate su un settimanale dalla carta leggera, ma che è ugualmente un capolavoro (uno per tutti: Dago su Lanciostory).
Così, viceversa, anche tanti fumetti autoriali sono davvero eccellenti (cito L’Incal, ancora di Moebius & Jodorowsky) e tanti fumetti ritenuti robaccia, robaccia sono davvero (cito… no, dai, lasciamo perdere).

In altre parole: esiste un fumetto che ti dà qualcosa, fosse pure solo qualche minuto di divertimento fine a se stesso, e quello che non ti dice assolutamente nulla, che anzi ti annoia e che ti porta a dire ma che cavolo è sta roba, ‘azz come ho sprecato i miei soldi.
Ci sarà sempre qualcuno che ti dirà che “è colpa tua”, perché “sei tu che non capisci l’arte”, ma allora c’è da chiedersi se è arte quella che non comunica qualcosa a chiunque la cerchi. O se è arte solo quella presentata come tale (da chi?).

CortoMaltese-nuovo-coverTorniamo all’inizio: perché mi sono incartato in questo discorso fiume (lo so, lo so, avevo detto “poche righe”, ma poi mi sono infervorato e – parafrasando Totò, a proposito di artisti misconosciuti all’origine –, mi si lasci infervorare)?
Perché ho appena letto il nuovo Corto Maltese, quello proposto in libreria un mesetto fa da Rizzoli Lizard, con la prima avventura del grande marinaio successiva alla scomparsa del suo “papà” Hugo Pratt. Scommetto che chiedendo a chiunque di citare UN fumetto d’autore, nel 90% dei casi la risposta sarebbe proprio Corto Maltese! E leggendolo, riflettevo proprio su questa questione.

Juan Diaz Canales e Rubén Pellejero hanno fatto un lavoro eccellente. Sfogliando il volume, “rivedi” Pratt, lo stile del disegno, la costruzione della storia, perfino le onomatopee, tutto richiama il Maestro. I due autori lo omaggiano a più riprese, con varie citazioni («Poche cose sono belle come un’estate indiana», dice ad un certo punto il marinaio con i pantaloni a zampa d’elefante), mentre spediscono Corto nell’estremo nord americano alla ricerca di una donna, cui si è impegnato a consegnare l’ultimo messaggio del suo amico Jack London.
Ecco qua: un fumetto ispirato al fumetto d’autore per antonomasia, di cui è il dichiarato e naturale erede. È fumetto d’autore a sua volta? Non è dello stesso autore del precedente fumetto d’autore… No. Però è bello.

Quindi…

(Antonio Marangi)

Juan Diaz Canales – Rubén Pellejero, Corto Maltese: Sotto il sole di mezzanotte, 112 pp a colori, cartonato, Rizzoli Lizard 2015, € 20,00