Un mostro sacro del mondo dello spettacolo. Una carriera all’insegna della sperimentazione, della novità, dell’innovazione. Titoli all’attivo di quelli che mandano in deliquio un appassionato di cartoon, da Allegro non troppo a Volere volare. Tutto questo è molto di più è Maurizio Nichetti, con cui è stato un piacere fare due chiacchiere, passando dal suo particulare all’universo-mondo della celluloide.
Qui di seguito, vi anticipiamo un estratto della nostra intervista, ma vi rimandiamo al nr. 16 di Sbam! Comics, la nostra rivista digitale gratuita, scaricabile liberamente da QUI, dove trovate il testo completo e altro materiale sull’opera nichettiana.
Ha cominciato negli studi di Bruno Bozzetto…
Non esattamente. Io ho studiato architettura e ho fatto la Scuola del Piccolo come attore, più precisamente come mimo. Poi ho cominciato a scrivere, ho realizzato 50 storie di Topo Gigio e vari testi per le pubblicità. Quindi, quando sono arrivato da Bozzetto, avevo già un mio pregresso. Nel suo studio ho realizzato molti cartoni animati, ma sempre come sceneggiatore e autore di gag, non ho mai disegnato. Negli anni Settanta sembrava un lavoro assurdo, mio padre non lo capiva…
Ha ormai al suo attivo produzioni di tutti i tipi. Dopo tutto questo lavoro, cosa vuol dire creatività per Maurizio Nichetti?
Vi faccio un esempio: ho realizzato recentemente 52 video da un minuto l’uno dedicato alle Olimpiadi. Tra l’altro muti, e con protagonisti le due mascotte dell’Olimpiade – inespressivissimi: un cubetto di ghiaccio e una palla di neve! – quindi veramente difficili. Sono quelle situazioni che ti fanno sentire come l’alpinista che guarda la vetta a 8000 metri! L’unica soluzione è andare per gradi. Decidi a quante discipline sportive vuoi dedicare i video: supponiamo una quindicina, più altri temi vari legati allo sport, come il doping, la lealtà, ecc. Quindi i 52 spot si possono dividere a blocchi di 3-4 e concentrarsi su ciascuno di essi poco per volta. L’organizzazione mentale è fondamentale anche per la creatività.
E la tecnologia?
No, quella no: serve certamente per la produzione, ma non per la creatività, che anzi rischia di essere limitata proprio dal mezzo tecnologico che stai usando. Alla base di tutto deve esserci comunque l’idea.
Parliamo dei suoi film: come è nato il suo ruolo di attore comico in Allegro non troppo, uno dei capolavori di Bruno Bozzetto?
Con Bozzetto io ero pagato per sceneggiare, ma quando serviva un attore comico facevo anche quello molto volentieri. Mi piaceva molto potermi scrivere le battute e poi recitare, anzi, mi è sempre piaciuto. Fin da bambino guardavo Stanlio e Ollio, Keaton, Chaplin… i grandi comici del muto che oggi non passano più in televisione, purtroppo.
E cosa ci racconta di Volere volare, quando Maurizio Nichetti diventa progressivamente un cartone animato?
È un film realizzato nell’81 che però poi non è potuto uscire: non lo voleva nessuno! Allora ho lavorato ad altre cose, anzi, per qualche anno non ho potuto proprio fare cinema. Poi, fortunatamente – ben dieci anni dopo! – è uscito Roger Rabbit che ha risvegliato l’attenzione su quel genere di film…
E tutti avranno pensato: ecco, Nichetti ha rubato l’idea a Roger Rabbit!
In effetti i giornalisti italiani l’hanno detto, ma all’estero è stato diverso: anzi, ad una presentazione sono venuti a vederlo anche alcuni degli stessi animatori di Roger Rabbit che hanno cominciato a farmi molte domande sulle mie tecniche di lavoro. Quando hanno saputo cosa era costato il mio film si sono messi a ridere: mi hanno detto che loro con quei soldi lì avevano fatto i titoli di testa! Invece in Italia tutti mi hanno accusato di aver copiato Roger Rabbit! Come se poi copiare Roger Rabbit fosse una cosa semplice e alla portata di tutti! Comunque non era copiato, la storia era completamente diversa e agli autori di Roger Rabbit è piaciuto… Più di così!
Negli anni Novanta era così. E oggi? Dove va il cartoon italiano?
Purtroppo va nelle anticamere della Rai, unica azienda che produce cartoni animati in Italia… E questo è molto pericoloso, perché avere un produttore unico crea un imbuto dove tutto e tutti convergono, obbligando a una selezione e a una divisione delle risorse. Così tanti bravi autori restano tagliati fuori. Ci vorrebbero davvero altri produttori, gente in grado di capire che anche il cartoon può rendere, può essere un vero business. Bruno Bozzetto sta lavorando a Topo Tip, un personaggio che potrebbe e dovrebbe avere molto più spazio e possibilità, ben oltre il breve passaggio televisivo. Purtroppo non è così. Negli USA ad esempio è tutto diverso: il 40% della produzione cinematografica è digitale e/o disegnata, così i nostri “colleghi” lavorano tutti: le major hanno capito che lavorare così è un vero investimento. Tra l’altro, ogni cinque anni puoi recuperare le idee precedenti – sfruttate o no – e riproporle, perché il pubblico più giovane si rinnova continuamente.
Non abbiamo i mezzi (o la voglia) di provare, investire, rischiare…
Ed è così da quarant’anni, quando noi già denunciavamo questo stato di cose! Pensate che era ancora l’epoca del signor Rossi, quando la Pixar e la Dreamworks non esistevano ancora. La stessa Disney era nella fase di crisi seguita alla fine dei grandi lungometraggi degli anni Cinquanta. Un sacco di tempo e possibilità sprecate da allora! Oggi da noi neanche gli addetti ai lavori del cinema conoscono le grandi tecnologie digitali attuali: al nostro sistema-cinema basta vincere un Oscar di tanto in tanto per sentirsi a posto. Adesso con l’Oscar di La grande bellezza finirà che ci fermeremo di nuovo per anni!
Cosa fa oggi Maurizio Nichetti?
Sono impegnato da tre anni su un cartone animato dedicato alla vita di San Francesco (cominciato molto prima che arrivasse papa Francesco, voglio precisare). Poi sto lavorando a un’opera lirica, Don Pasquale, per il Teatro Sociale di Trento, e dirigo il Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano… Per essere uno “diversamente giovane” sono abbastanza impegnato!
(Antonio Marangi)