Ci sono moltissime persone che, almeno una volta nella vita, hanno pronunciato la fatidica frase “sono solo fumetti”. Ci sono altre persone che, invece, leggono i “giornalini” solo quando non trovano di meglio in stazione o vicino alla spiaggia. Proprio per tutte queste persone ho scritto questa recensione: può bastarvi solo UNA storia per tornare sulla retta via. Una sola storia che potrebbe essere proprio questa: il più magico, sorprendente e commovente racconto che il fumetto contemporaneo abbia saputo produrre… Signore e signori: sto parlando di D.U.C.K.!
Racconta di un personaggio che non ha certo bisogno di presentazioni: il suo deposito, il bagno nelle monete, la palandrana sgualcita, i pince-nez sul becco, la sua eterna lotta contro i Bassotti, e tante altre sue caratteristiche sono arcinote anche al più distratto dei lettori. Ma chi è veramente? Com’è diventato il papero più ricco del mondo? E soprattutto… come ha guadagnato la mitica Numero Uno e perché è così importante per lui? La risposta viene da un signore di nome Don Rosa, autore che – a 40 anni dalla nascita del personaggio – decide di scrivere la storia che nessuno ha mai osato scrivere: la biografia di Scrooge McDuck, conosciuto in Italia come Zio Paperone. La saga è stata pubblicata in Italia sul mensile Zio Paperone a metà anni ’90 e più volte ristampata in volume, a cominciare dall’edizione da edicola di Disney Italia del 1997 (foto in alto), con spettacolare copertina d’oro) fino alla definitiva versione contenuta nella collana I Classici del Fumetto di Repubblica Serie Oro, del 2004 (foto in basso).

Glasgow, Scozia. C’è un ragazzino, ultimo discendente di un clan (i De’ Paperoni) ormai decaduto, che vive in povertà con il padre Fergus, la madre Piumina O’Drake, lo zio Jake e le sorelline Ortensia e Matilda: è fiero e cocciuto, e il suo nome è Paperone. Con il primo regalo di suo padre (un kit da lustrascarpe) guadagna la sua prima moneta, “IL” soldo… Poco importa se in Scozia un cent americano non vale nulla: sarà questa fregatura presa dal primo cliente a far crescere il ragazzo, che capisce che dovrà essere sempre più furbo di chi gli sta di fronte. E lo sarà fin da subito! Intensifica la sua attività di lustrascarpe, la espande, e comincia a mettere da parte qualche soldino. Tutto con un obiettivo: l’America! Così, con il suo cent, la dentiera d’oro e l’orologio da taschino del bisnonno (che poi venderà), parte per andare oltreoceano e cercare la ricchezza.
E da qui parte l’avventura, con la A maiuscola. Ed è un’avventura frenetica, senza soste, fatta di continui spostamenti da una parte all’altra del globo. Si parte dal Mississipi, sulle cui sponde avviene il primo incontro con la prima Banda Bassotti e la sua prima la caccia al tesoro con lo zio Angus “Mani Buche”. Una frase di questi è profetica: ”Hai i soldi? Spendili! Vuoi finire in un deposito pieno di soldi non spesi?”… E a Paperone si accende la scintilla: “… un deposito pieno di soldi!”. In seguito, troviamo il nostro protagonista nel west (cap. 3), dove diventa cowboy e conosce T.R., un personaggio che rivedremo nel prosieguo della saga ma senza più indosso i panni del damerino di città annoiato dalla politica…
Ma proprio nel momento in cui Paperone sembra aver trovato la strada giusta per la ricchezza (e dopo aver conosciuto un tal Rockerduck, che ha un figlio piuttosto antipatico), arriva la doccia gelata: bisogna tornare in Scozia. E qui, dopo qualche anno, ritroviamo le sorelle dello zione, con Ortensia che ha sviluppato un caratterino niente male: il modo in cui rincorre i vicini brandendo la scopa ricorda un altro papero che oggi guida una 313…
Dopo varie peripezie, il nostro protagonista riparte, direzione Africa stavolta: e qui, un’altra volta, conosce l’amaro sapore della fregatura, stavolta per mano di un anonimo boero, altro futuro acerrimo nemico. Dall’Africa si cambia continente e si passa all’Australia, e dopo 16 anni di viaggi ed avventure Paperone arriva nel luogo da cui partirà la sua vera scalata al successo: il Klondike! La terra sinonimo della caccia all’oro, dov avviene anche l’incontro con una papera mooolto affascinante… Ma Paperone non è tipo da distrarsi facilmente, e parte senza sosta la sfida, contro tutto e contro tutti, per la ricchezza: e il coronamento di tanta fatica arriva proprio nella bellissima pagina finale dell’ottavo capitolo.
Il piccolo Paperone è ora è un papero adulto e ricco, ma l’avventura e la ricchezza continuano ad essere un richiamo fortissimo. Dopo un breve ritorno nel vecchio continente si riparte per America, stavolta con le sorelle, direzione Paperopoli!
Ed eccoci al capitolo 10… una collina (detta “ammazzamuli”) con un vecchio forte, ed ai suoi piedi la fattoria di una papera di nome Elvira. Questa per ora è Paperopoli. Qui Ortensia trova l’amore (con Quackmore, figlio di Elvira, anch’esso un tipetto piuttosto irascibile), Paperone ritrova un vecchio amico (ricordate T.R.?) e, al posto del forte, costruisce l’edificio dei suoi sogni.
Ma la svolta avviene nel capitolo 11, forse il più importante dell’intera saga, che raggiunge qui il suo climax: qui il personaggio diventa quello che tutti ora conosciamo, anche se il colpo di scena è in agguato. Un’ultima cosa: indovinate di chi è figlio quel paperetto vestito da marinaio che nella penultima tavola rifila un sonoro calcio nel didietro allo zio appena conosciuto?
Il finale ci porta circa 17 anni in avanti rispetto alla storia precedente, e ci mostra un vecchio ed acciaccato Zio Paperone alle prese con l’ennesima sfida: troverà la forza per ritornare quello di un tempo?

Si dice che quando si finisce di leggere un libro ci si senta tristi, perché si ha lo stesso senso di abbandono che si ha salutando una persona cara. Ebbene, in questo caso non è così: è molto, molto più doloroso. Don Rosa ci ha regalato – affrontando per primo l’argomento tabù della morte su un’opera Disney, con i genitori di Paperone in una tavola intensissima e commovente –  uno splendido affresco della vita di un personaggio che nessuno si immaginava potesse avere una simile “profondità”. Adesso sappiamo che Paperone è uno di noi, uno che è partito col lustrare le scarpe ed inseguendo il suo sogno: credendoci con tutto se stesso l’ha realizzato, da solo, in barba a tutto e tutti. Il suo oro, i suoi diamanti, il suo deposito, sono le nostre lauree, il nostro grande amore, i nostri figli.
Ogni tanto cerco se per caso, in fondo al libro, fosse spuntato un capitolo 13: anche se non lo trovo non mi arrendo. Primo o poi, un bel filone per un’altra preziosissima storia salterà fuori.

(Roberto Orzetti)