Siamo nel centro di Milano, a pochi passi da piazzale Cadorna, nella sede storica di Astorina dove ci accoglie lo sceneggiatore e editor Andrea Pasini. L’occasione della nostra visita è una chiacchierata a 360 gradi con il disponibilissimo Mario Gomboli, direttore della casa editrice nonché «erede designato» e continuatore della geniale saga fumettistica partorita mezzo secolo or sono dalle sorelle Angela e Luciana Giussani. Ed è proprio dal cinquantennale di Diabolik, le cui celebrazioni continueranno fino alla fine del 2012, che prende le mosse la nostra intervista. La versione integrale di questa intervista a Mario Gomboli è disponibile su Sbam! Comics nr. 2, la nostra rivista digitale scaricabile gratuitamente da QUI.

Il Re del terrore compie cinquant’anni, ma non sembra risentire del tempo che passa. Qual è il segreto di questa longevità, della sua capacità di mantenersi attuale e appassionare sempre nuove generazioni di lettori?
Il segreto sta prima di tutto nel fatto che Diabolik è un personaggio con la P maiuscola. È un ladro, certo, e quando serve pure un assassino. E questi concetti-base, pur con qualche logico cambiamento, sono rimasti invariati negli anni. Però, nel corso di mezzo secolo di avventure è stato capace di sviluppare una personalità sempre più complessa e articolata. Il nostro protagonista è davvero “l’uomo dai mille volti”, non tanto perché è in grado di assumere le sembianze di chiunque grazie alle sue innumerevoli maschere, ma perché, come tutti gli esseri umani, ha mille sfaccettature. E questo discorso vale anche per Eva e, in una certa misura, pure per Ginko. Ecco perché ancora oggi, dopo circa 800 episodi, riusciamo dar vita a storie originali e nuove. Certo, lo schema di fondo è più o meno sempre lo stesso: colpo, fallimento, fuga, secondo colpo, successo e grande smacco per Ginko. Ma su questa traccia di massima è poi possibile innestare avventure di ogni tipo, creando per esempio situazioni in cui i due nemici invece di scontrarsi si alleano, oppure in cui Eva – volontariamente o meno – finisce per mettere i bastoni fra le ruote al protagonista…
Alla base della longevità di Diabolik c’è poi un altro elemento da non trascurare: dal punto di vista dell’immagine grafica, il personaggio è sempre rimasto molto coerente con se stesso. Ovviamente i disegnatori si sono avvicendati, e non è impossibile distinguere una storia del 1970 da una dell’anno scorso, però un certo imprintig non è mai venuto meno. Questo fa sì, per esempio, che le ristampe non risultino mai particolarmente datate agli occhi dei nuovi lettori. E, soprattutto, fa sì che Diabolik diventi immediatamente riconoscibile anche al di fuori del contesto fumettistico. I suoi occhi si trovano stampati su magliette, accendini e ogni genere di oggetto: chiunque li vede, compresi i non-lettori, sa che si tratta di Diabolik, un ladro vestito di nero che ha una donna bionda con lo chignon…

Come nasce una storia di Diabolik?
All’inizio c’è un’idea di partenza, che può avere le origini più disparate: può arrivare da noi, da qualcosa che si è letto o visto al cinema, oppure da uno spunto di cronaca. Così come, e non di rado, capita che a ispirarci sia la lettera di un lettore. In questo momento sto scrivendo una storia legata a un concorso di dressage, perché mia figlia va a cavallo e ha insistito per convincermi a inventare un’avventura in cui Diabolik fa altrettanto… Sulla base dell’idea si costruisce una traccia, una sorta di proto-soggetto che poi sviluppiamo, preferibilmente a pranzo: io amo lavorare a tavola perché è più gradevole, e se ci sono dei buchi nella conversazione si riempiono agevolmente con una forchettata di spaghetti… In due o tre pranzi si mette a punto una visione globale del soggetto, che viene steso in un documento di una dozzina di cartelle e poi ridiscusso, per far emergere eventuali “buchi” e apportare le opportune migliorie. Una volta definito, il tutto passa allo sceneggiatore e poi al matitista. Quanto tempo ci vuole per avere una storia finita? In linea di massima, tra il pranzo e la stesura del soggetto possono passare una decina di giorni, mentre la sceneggiatura porta via circa un mese e altri tre o quattro mesi occorrono per avere le matite. Queste ultime vengono quindi corrette in redazione, si aggiunge il lettering e poi è il turno dell’inchiostratore. Infine, dopo l’ultima revisione, la storia arriva al nostro Leonardo Vasco per i retini.

(Marco De Rosa • 20/04/2012)